IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Dos Santos Pedro Mignel in data odierna e' stato tratto in arresto in flagranza del reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002, e presentato all'udienza per il giudizio di convalida, venendogli contestato di essersi trattenuto senza giustificato motivo nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore di Milano in data 11 febbraio 2003, regolarmente notificatogli. In sede di udienza, il p.m. ha richiesto la convalida dell'arresto ed il difensore non si e' opposto rimettendosi alla decisione del tribunale, che preliminarmente rileva profili di incostituzionalita' della previsione normativa introdotta con l'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 che non appaiono manifestamente infondati, e che e' pertanto indispensabile sottoporre al vaglio della Corte costituzionale. Trattasi in particolare del contrasto tra l'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 (nella vigente formulazione) con l'art. 13 della Costituzione. Si osserva in proposito, in primo luogo, che l'art. 13 della Costituzione, dopo avere stabilito al primo comma che «la liberta' personale e' inviolabile», ammette al secondo comma che restrizioni alla detta liberta' (detenzione, ispezione e perquisizione) siano operabili solo «per atto motivato dell'autorita' giudiziaria», e, al terzo comma, consente all'autorita' di pubblica sicurezza, «in casi eccezionali di necessita' ed urgenza» di adottare «provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati (...) all'autorita' giudiziaria e, se questa non li convalida (...) si intendono revocati e restano privi di ogni effetto». La norma dunque attribuisce alla sola autorita' giudiziaria la competenza ad operare restrizioni della liberta' personale, riservando all'autorita' di pubblica sicurezza non una analoga, seppur piu' limitata competenza, ma solo il potere di intervenire in supplenza ed anticipazione dell'operato dell'autorita' giudiziaria quando questa, per l'urgenza del caso, non sia in grado di intervenire tempestivamente. Depongono in questa direzione: la provvisorieta' del provvedimento adottato dall'autorita' di pubblica sicurezza, destinato cioe' fin dall'origine ad essere trasformato e superato da altro atto, la natura derogatoria dell'intervento della polizia rispetto al principio generale dell'intervento dell'autorita' giudiziaria, poiche' ritratta per il costituente di casi «eccezionali», la perdita di ogni effetto del provvedimento adottato dall'autorita' di pubblica sicurezza, qualora questo non sia tempestivamente comunicato o, soprattutto, convalidato, e la stessa configurazione dell'atto dell'autorita' giudiziaria come atto di «convalida», ovverosia atto diretto alla verifica ed eliminazione di eventuali vizi presenti un precedente atto. In tal senso si e' espressa anche la Corte costituzionale, allorche' ha osservato che vi e' una regola, che attribuisce all'autorita' giudiziaria la competenza ad emettere provvedimenti coercitivi della liberta' personale, ed una eccezione, rappresentata dal fatto «in se previsto dal testo costituzionale, che gli organi di polizia debbono provvedere in sostituzione dell'autorita' giudiziaria», che «l'obbligo dell'atto motivato di convalida (...) e' disposto nell'art. 13/3 della Costituzione per ogni provvedimento provvisorio preso dall'autorita' di pubblica sicurezza in sostituzione de giudice e quindi per ogni provvedimento di arresto (obbligatorio o facoltativo) o di fermo» (cfr. Corte cost. n. 173/1971), e che le finalita' sottese all'arresto in flagranza sono perseguibili «soltanto attraverso l'immediato intervento dell'autorita' di polizia in temporanea vece dell'autorita' giudiziaria, lontana normalmente dalla flagranza o quasi flagranza dei reati» (cfr. Corte cost. n. 503/1989). Parimenti la Corte di cassazione ha affermato che nel caso di arresto in flagranza (secondo la sentenza 14 luglio 1971, n. 173 della Corte costituzionale) il titolo legittimo della detenzione e' costituito da una fattispecie complessa, in cui l'attivita' della polizia giudiziaria deve collegarsi al provvedimento di convalida dell'autorita' giudiziaria, il quale soltanto costituisce l'atto con cui si esercita il controllo della legittimita' dell'operato della polizia giudiziaria e, ad un tempo, il titolo formale della detenzione stessa, cui la legge conferisce efficacia ex tunc (cfr. Cass. n. 297/1973). Coerentemente con i principi espressi dall'art. 13 Cost., nella lettura datane dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimita' sopra richiamata, il vigente codice di procedura penale prevede infatti che la polizia giudiziaria che ha eseguito l'arresto ne dia immediata notizia al pubblico ministero (art. 386/1 c.p.p.), ponga l'arrestato a disposizione del pubblico ministero al piu' presto e comunque non oltre ventiquattro ore dall'arresto (art. 386/3 c.p.p.), a pena di inefficacia dell'arresto medesimo (art. 386 ultimo comma c.p.p.), e, correlativamente, attribuisce al pubblico ministero il potere/dovere di sindacare da subito l'operato della polizia giudiziaria sotto il profilo della legittimita', disponendo l'immediata liberazione della persona che sia stata arrestata al di fuori dei casi consentiti (art. 389 c.p.p.), e sotto il profilo dell'insussistenza di esigenze cautelari, disponendo, anche in questo caso, l'immediata liberazione dell'arrestato (art. 121 disp. att. c.p.p.). Anche le scelte operate dal legislatore nella materia in oggetto sembrano dunque orientate inequivocabilmente nel senso di configurare l'operato della polizia giudiziaria come mera anticipazione dell'attivita' giuridica dell'autorita' giudiziaria, la quale, infatti, in tempi tassativamente assai brevi, e' chiamata ad essere investita della questione e ad intervenire con le piu' ampie valutazioni, anche e soprattutto se dissonanti rispetto a quelle della polizia medesima. Pertanto sia il tenore letterale della norma costituzionale, sia la sua interpretazione giudisprudenziale, sia l'ordinamento positivo convergono nell'escludere che l'art. 13 della Costituzione attribuisca all'autorita' di pubblica sicurezza un autonomo potere di limitazione della liberta' personale, mentre invece inducono a ritenere che esso legittimi l'anzidetto potere esclusivamente in quanto anticipazione e supplenza del potere dell'autorita' giudiziaria: con l'ovvia, necessaria conseguenza che all'autorita' di pubblica sicurezza non puo' essere conferito un potere piu' esteso di quello riconosciuto all'autorita' giudiziaria. Ebbene, nei confronti di chi sia indagato per il reato previsto dall'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998, nell'attuale formulazione, l'autorita' giudiziaria non dispone di alcun potere di limitazione della liberta' personale in quanto l'illecito e' configurato come contravvenzione punita con pena dell'arresto da sei mesi ad un anno e dunque per la stessa non puo' essere adottata alcuna misura cautelare ai sensi degli artt. 272 e seguenti c.p.p. Appare dunque seriamente ipotizzabile un contrasto dell'art. 14, d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 286/1998, nella parte in cui, attribuendo alla polizia giudiziaria il potere-dovere di procedere all'arresto obbligatorio dell'indagato, conferisce alla stessa un potere autonomo di restrizione della liberta' personale sostanzialmente insuscettibile di conferma da parte dell'autorita' giudiziaria, obbligata alla remissione in liberta' dell'arrestato, il quale dunque risultera' comunque aver subito una restrizione della liberta' personale che l'autorita' giudiziaria non poteva disporre. La circostanza che si tratti di una mera contravvenzione ad un ordine dell'autorita' di pubblica sicurezza nell'ambito di un complessivo sistema indirizzato a garantire la massima efficacia all'espulsione dello straniero (indicativa in questo senso e' la collocazione della fattispecie nell'ambito dell'art. 13, legge n. 189/2002 «esecuzione dell'espulsione», come una sorta di norma di chiusura laddove non sia stata eseguita in altro modo l'espulsione, tanto che «al fine di assicurare l'esecuzione dell'espulsione», dopo l'inevitabile remissione in liberta' all'esito della convalida, ai sensi dello stesso comma 5-quinquies dell'art. 14 dec. cit., il questore puo' disporre i provvedimenti di cui al comma 1 dell'art. 14, e dunque il trattenimento dello straniero presso un centro di permanenza temporanea), induce a collocare pertanto la restrizione della liberta' personale nei casi detti, piuttosto che nei casi eccezionali previsti dall'art. 13 Cost., in una problematica di normale efficienza o inefficienza dell'attivita' amministrativa. Per i motivi esposti si ritiene che sussistano seri dubbi di legittimita' della norma in esame da sottoporre al Giudice delle leggi. La necessita' di sospensione del procedimento impone comunque l'immediata remissione in liberta' dell'imputato in mancanza di adeguato titolo detentivo.